Caos. Fotogrammi singoli, luci troppo forti e rumori concitati, inframmezzati dal buio. Gente che corre. Grida disperate. Ordini secchi. Sirene di allarme. Fiamme riflesse sul volto sconvolto di un bambino. Il tonfo di portelloni che si chiudono. Un conto alla rovescia da un altoparlante, come una cantilena. Cinture di sicurezza che scattano. Un bicchiere di vetro va in mille pezzi su un pavimento spoglio. Il crepuscolo illumina un panorama spettrale, oltre un oblò. Gemiti soffocati. Un quadrante luminoso pulsa, con la lancetta nell’area rossa. Lacrime solcano un volto impolverato, irriconoscibile. Rombo di motori accesi. Un’anziana prega in silenzio, buttata in un angolo come uno straccio. Metallo che stride. Il boato lontano di un’esplosione…
Finalmente i fotogrammi cominciano a collegarsi in sequenza. Una visione sconvolgente. Un’astronave si solleva lentamente dai resti di un pianeta in rovina. La fiammata dei razzi a propulsione nucleare illumina un cartello arrugginito: “Pista 6”. Altri bagliori provengono dal suolo, che si sta spaccando; qua e là scorrono rivoli di magma. Nastri di cemento smangiato rimpiccioliscono mentre la nave guadagna quota e velocità. Primo piano sul volto di un giovane uomo. Ha la barba non tagliata, il naso affilato, capelli castani spettinati, una tuta da lavoro troppo larga per il suo corpo magro; non mangia da giorni. È davanti a un oblò impolverato; gli occhi inquieti guardano fuori con terribile intensità. Dentro di lui si agitano emozioni fortissime. Incredulità. Rabbia. Disillusione. Senso di colpa. Angoscia. E sopra a tutto, una tristezza cosmica. Le palpebre quasi non sbattono: cerca di non piangere. A un tratto le sue labbra sussurrano: “Addio…”. Il fiato appanna il finestrino. Ora sa cosa si prova a diventare orfani in un modo terribile, ad abbandonare per sempre quel mondo che è stato casa e madre, prima di trasformarsi in incubo, trappola, tomba spaziale. Quegli occhi raccontano un trauma non rimarginabile.
E mentre il panorama fuori dall’oblò si fa nero, quando l’astronave lascia l’orbita terrestre, le iridi riflettono il firmamento. Nel suo sospiro appena percettibile si coglie tutta la differenza rispetto agli sguardi che per secoli hanno percorso il cielo notturno. Ora ogni certezza è crollata. Solitudine. Freddo. Un taglio profondo nel tessuto dell’anima. Tempo, spazio e individualità perdono ogni significato, nell’abbraccio eterno della notte.